Il 15 febbraio 1904 un confidente dei carabinieri si recò a Chiusdino e
riferì al tenente Arturo Pometti che il brigante Magrini detto il BASILOCCO
era stato visto entrare nella casa colonica del podere della Serratina
appartenente alla Tenuta di Peruzzo di proprietà del Cav.Marrucchi in
frazione di Roccatederighi, comune di Roccastrada. Nella casa colonica
viveva con la famiglia il capoccia Gildo Pecorini, al quale probabilmente il
bandito aveva chiesto cibo ed ospitalità.
Il tenente Pometti avvisò subito a sua volta il maggiore Lombardi,
comandante del servizio speciale, e i due ufficiali lasciarono Chiusdino e
si diressero, sotto l’imperversare di una bufera di pioggia, alla volta di
Roccatederighi. Nel frattempo da quella località si mossero il Comandante
della Stazione, brigadiere Luigi Malevolti, con quattro uomini (i carabinieri Gori,
Tudini, Romanin, Coppola ) e il brigadiere Paoletti, comandante la
squadriglia mobile di Chiusdino, mentre da altra zona partì il tenente
Casini di Grosseto con tre carabinieri a cavallo. Diversi militari insomma
stavano convergendo verso il rifugio del bandito segnalato dal confidente,
ma i primi a giungere alla Serratina furono naturalmente i carabinieri della
vicina stazione di Roccatederighi, i quali movendosi con la massima
circospezione per non allarmare l’ospite della casa colonica, provvidero a
circondare l’edificio, in modo da evitare comunque la fuga del brigante.
I brigadieri Malevolti e Paoletti, e il carabiniere Gori si appostarono sul
lato di tramontana dove era la porta della casa, mentre i carabinieri Tudini,
Coppola e Romanin, si nascosero sul lato di mezzogiorno verso il quale si
aprivano le finestre. “Circa le ore venti e mezzo – si legge sulla
“Nazione” del 19 febbraio che dava i particolari del fatto – Ulisse
Pecorini, fratello di Gildo Pecorini, capoccia della famiglia colonica
addetta al podere della Serratina, ebbe occasione di uscire dalla casa per
recarsi alle stalle per governare il bestiame. Uscendo lasciò la porta
socchiusa che permise ai carabinieri in appostamento di vedere il latitante
che stava a cavalcioni di una panca prossima al tavolo della cucina, intento
a giocare alle carte col capoccia Gildo Pecorini, e di udire che il
latitante (contrariamente a quanto aveva già detto a Gildo Pecorini,
conforme esso ebbe dopo a dichiarare) manifestava il proposito di andarsene,
perché diceva di dovere il mattino successivo recarsi in località abbastanza
lontana per riscuotere una forte somma, e dopo andare nella sera ad una
festa da ballo ……” Il Magrini amava giocare alle carte, uno dei pochi svaghi
che si concedeva la gente di campagna quando, al calar della sera e
dell'oscurità, era praticamente conclusa la giornata lavorativa. Quella fu
la sua ultima partita alle carte, ed anche l'ultima partita giocata con le
pattuglie che lo cercavano da così lungo tempo. I militari che avevano
circondato la casa, sentirono, infatti, che il brigante non avrebbe passato
la notte nella casa colonica, ma che se ne sarebbe andato alla fine del
gioco. Decisero perciò di agire. “Fu allora che i carabinieri credettero
opportuna un’azione immediata, e senz’altro si slanciarono nella casa,
piombando addosso al latitante che, avvertita la presenza dei carabinieri,
estrasse la rivoltella, esplose tre colpi che andarono a vuoto perché il
brigadiere Malevolti fu pronto ad afferrare la mano del brigante, deviando
la direzione e facendo sì che i proiettili andassero a infiggersi nelle
travi del palco. Intanto il brigante cercava di estrarre con la mano
sinistra il pugnale per ferire il brigadiere Malevolti il quale, di fronte
all’accanita resistenza incontrata, esplodeva senz’altro due colpi di
rivoltella sulla faccia del brigante, che contemporaneamente veniva colpito
dal brigadiere Paoletti con un colpo di fucile da caccia carico a palla pure
sulla faccia, e un colpo di moschetto carico a mitraglia dal carabiniere
Gori. Il brigante cadde al suolo versando una grandissima quantità di sangue
…”. Il giornale dette poi altri particolari: il brigante era ben
vestito, era armato di una rivoltella di ordinanza col cordone nero, di un
pugnale nichelato con manico di corno, di un fucile a due canne, di 73
cartucce di rivoltella e 34 cartucce da fucile. Possedeva inoltre un
cannocchiale, tre portafogli contenenti complessivamente trecento lire,
alcuni ritratti di donna e vari documenti. Un altro cronista scrisse: “Il
brigante si trova tatuato al braccio sinistro con le lettere MDCT, e una
figura di brigante con sopra una rivoltella; e tatuato al ventre con serti
di fiori … “del sangue non siamo padroni” Così veniva ucciso, presso il
podere della Serratina della Tenuta di Peruzzo, all’età di soli 28 anni, il
brigante Antonio Magrini detto “IL BASILOCCO” l’ultimo brigante della
Maremma della fine dell’Ottocento che aveva ucciso e taglieggiato spargendo
il terrore negli abitanti dei vari paesi dell’alta Maremma.
(Giorgio Batini "O la borsa o la vita! storie e leggende dei briganti toscani"
editore Bonechi - 1975)